A cura di tiziano rossetto
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ARTESENZAREGOLE
a cura di Tiziano Rossetto
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Gian Giorgio Massara Con il titolo “La vita è un viaggio” si apre il catalogo riguardante i lavori Street Art realizzati da Osvaldo Neirotti artista dedicato alla Natura Urbana che conosciamo da molti anni ricordandolo fra le centinaia di allievi ai quali abbiamo insegnato la Storia dell'Arte. Architetto formatosi nel campo del design e della grafica, Osvaldo dipinge alberi: lo sfondo chiaro e quindi delle immagini, interpretazioni presenti anche nella piazza centrale di Bruxelles, accanto al Parlamento Europeo. Anche noi abbiamo il nostro albero cresciuto in fondo a via San Donato dove c'è un minuscolo spazio verde. Barrito è il titolo del dipinto poiché raffigura il mondo degli elefanti. Neirotti vive il desiderio di regalare all'osservatore un'altra visione, una “seconda“ visione cioè, diversa da quella che si crede di vivere quotidianamente. Nasce così il movimento che oggi ha un nome, legato anche al musicista Giorgio Bolognese e agli studenti dell'Accademia Albertina: GO ART FACTORY. A commento delle proprie opere, Osvaldo dichiara di “raccontare il presente interpretando passato e futuro”. Processo -anche mentale- che l'autore mette in mostra proprio in questi giorni di febbraio al Centro Fiera del Garda (Montichiari, Brescia) in seno all'Esposizione EXPOARTE. Ma Neirotti non dipinge solamente gli alberi delle città poiché le sue opere riguardano frutti -le fragole in particolare sono un “ottimo ingrediente sentimentale”- allusive pesche, rinnovati “tagli” per le opere del notissimo Lucio che ha saputo andare "oltre la tela”, la storica ormai Banana che scaturisce da un paio di jeans -guarda caso- coreani. Infine il candido albero cresciuto a Porta Nuova, quello animato da fiammeggianti cuori, fioriere, lieti viottoli che si perdono in lontananza e l'installazione Bullismo. Lavori tutti che ci hanno consentito di ritrovare il ragazzo d'un tempo che oggi è diventato un amico. O. NEIROTTI - The Binary (Tree Cristina)
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Gian Giorgio Massara Maurizia Cavallero, medico, laureata anche in scienze politiche e appassionata d’arte, vanta numerose pubblicazioni (romanzi e saggi); contemporaneamente crea opere di timbro concettuale. L’ultimo suo libro IL TRENO NELL’ARTE… E ALTRI VAGONI (Ed. Tigulliana, Santa Margherita Ligure, E. 14; 180 pp, tavole a colori) accoglie saggi che traggono ispirazione dal “viaggio” interpretato dai pittori, da temi specifici oppure dalla meditazione sull’immagine. La prefazione è firmata da Marco Delpino che annota: “queste pagine sono una boccata d’aria fresca, di nostalgia” (…) Pagine scaturite da una ricerca accorta, con precisi riferimenti bibliografici e museali che confermano come la Cavallero sia una studiosa che nulla lascia al caso e tutto vuole verificare di persona. La prima opera pubblicata è la “Gare Saint–Lazare” di Monet, pittore che per ben undici volte ritrae questa stazione, mentre l’ultima è la “Natura morta con pane e uova” di Paul Cézanne; le uova amate da Felice Casorati ma anche da Salvador Dalì che le “dissemina” nel teatro-museo di Figueras. Numerosissimi sono gli artisti che dipingono locomotive, vagoni, rotaie e stazioni dopo la costruzione delle linee ferroviarie in Europa; Carlo Bossoli – autore intensamente studiato da Ada Peyrot – che testimonia, mediante opere grafiche, la linea “Torino-Genova” (1853), Salvatore Fergola autore dell’inaugurazione della “Strada ferrata Napoli-Portici”, ma soprattutto William Turner che nel 1844 magistralmente dipinge l’olio “Pioggia, vapore e velocità”: la via verso l’Impressionismo è segnata. Dal tema del treno, Maurizia passa all’esaltazione della bicicletta: Leonardo forse, ma certo Marcel Duchamp che con “Ruota di bicicletta” consacra l’arte astratta mentre Angelo Saglietti – scultore al quale di recente l’Accademia Albertina ha dedicato una mostra personale – immortala il “Biciclo”. Rimanendo a Torino, ecco ancora una tempera di Sandro Cherchi (“Ciclista”) ma anche l’utiizzo di autentici copertoni di gomma da parte di Carol Rama, personaggio che “sbeffeggia la morale borghese” e che ben volentieri accetta un invito a cena rimediato qua e là. E che dire della “Bici-Pavone” inventata da Michelangelo Pistoletto? Affidiamo al lettore i restanti “vagoni” scelti dall’autore: inquietanti soli, notti misteriose, fiamminghi bovini, denari, la Malinconia “Piuma sospinta da ricordi dolci” (Carmelo Bene), i pesci della simbologia cristiana allorché gli Apostoli si mutano in “pescatori d’anime”; oppure pesci protagonisti in “La Vucciria”. Temi tutti che Maurizia Cavallero approfondisce e ci racconta con brio e la voglia di sottolineare la presenza di spiragli nella Storia dell’Arte poco noti o fors’anche dimenticati. HIERONYMUS BOSCH - “Concerto nell’uovo” - Lille, Musée des Beaux Arts
Gian Giorgio Massara Un’ampia mostra dedicata a Mariell Guglielminetti s’è tenuta presso la galleria FOLCO-MIIT di Torino; in catalogo, testi dell’autrice, Guido Folco, Angelo Mistrangelo.
Ai dipinti riferiti al mondo rinascimentale – Ritratti impreziositi dall’oro, dalle gioie, dai fiori oppure gli Ignudi della Sistina – fanno riscontro accorti fogli disegnati per giungere sino al mondo barocco con il tormento di un’Estasi. Quindi le opere di Canova divenute bellezza spirituale secondo i canoni estetici di Emmanuel Kant. Qualche tralcio fiorito e la serie dedicata ai Prigioni qualificano una bella Esposizione desiderata, sofferta e infine ammirata dal pubblico. Gian Giorgio Massara Al Forum d’art contamporain (Casino Luxembourg, 41 rue de Notre Dame), in collaborazione con il Centro Pompidou, Vivearts, la Fondation des Artistes sono state inaugurate due mostre visitabili sino al 16 Aprile 2023. Protagonisti, Dominique Gonzales Foerster e Judith Deschamps, rispettivamente autori delle Rassegne intitolate ENDODROME (dal greco) e AN. OTHER VOICE. Comissair Kevin Muhien e Stilbè Schroeder; scenografo Gaetan Rusquet. Avevamo considerato la presenza di Dominique Gonzales alla Biennale veneziana del 2019; l'invito di visitare coincideva con "un voyage intérieur vers états modifiés de conscience”. L'intento di Endodrome è oggi quello di approdare allo spazio psichico e virtuale presente in noi; spazio raggiungibile attraverso luci, suoni, incursioni via via da riscoprire in una virtuale realtà. D. GONZALES-FOERSTER - Endodrome E’ invece Judith Deschamps a presentare il frutto di un lungo lavoro di ricerca condotto a Parigi con l’equipe Analyse et synthèse des sons, des chanteur-se-s. Con il compositore Antonio Sà-Dantas, l’autore ha reinventato un’aria del XVIII secolo che il cantore castrato Farinelli eseguiva “ogni notte per il re di Spagna al fine di allontanare dal sovrano la malinconia”. L’esposizione si avvale di elementi sonori, video. La caratteristica della Deschamps è quella sostanzialmente di approdare alla performance, al film, alla scultura, all’installazione toccando così il mondo contemporaneo sia sul versante sociale che tecnologico. J. DECHAMPS - an.other voice E’ altresì previsto per entrambe le mostre, un momento per le attività infantili dalle ore 18 alle 20.
Gian Giorgio Massara E' in corso a palazzo Lucerna di Rorà a Benevagienna la mostra dei Soci del Circolo degli Artisti di Torino. Francesco ZAVATTARO ARDIZZI è presente con l'opera Goose (2018) in resina policroma. Il critico Angelo Mistrangelo così commenta la scultura: "armonia del modellato che s'inserisce nello spazio, animandolo". Abbiamo incontrato o presentato l'artista in occasione di mostre: Segno, forma, colore (APA), lo studio di Roberto Demarchi, la Promotrice delle Belle Arti. Francesco è uno scultore serio e convinto che ha frequentato il Politecnico di Torino e che affronta il tema della pittura realizzando acquerelli e opere su tela. Solamente nell'anno 2016 inizia a modellare opere in terracotta; ne sia esempio in bel Volto femminile (2017). Nel medesimo anno cade l'immediato Ritratto maschile dall'abbozzato sorriso. Seguono numerose esposizioni, da Rovereto a Rivarolo (Casa Toesca), Montechiari e Genova-Fiere; in ogni caso Francesco Zavattaro realizza opere persuasive, evocanti il passato (Baigneuse) oppure colte nella realtà presente (Divers, Le Choix). Con meditazione questo scultore modella e realizza opere di piccole dimensioni in parallelo ai fogli dipinti a china e acquerello. F. ZAVATTARO ARDIZZI - Ritratto, 2017, terracotta
Gian Giorgio Massara Presso la galleria d'arte Umberto BENAPPI di Torino (V. A. Doria, 10) s'è da poco conclusa la mostra Levia Gravia curata da Francesco Canfora e Roberto Mastroianni. Sei sono gli artisti presenti anche nell'elegante catalogo, tre di spessore ormai internazionale e altrettanti giovani. Scrivono i curatori che La scultura è intesa come pratica narrativa e sperimentazione sui materiali, la forma, le tecniche, i linguaggi del contemporaneo. La mostra attuale invece (Challenging Body), vede tre sole presenze: Paolo Grassino, Gloria Friedmann, Bernardì Roig. Curatore Lorand Hegyi docente di Storia dell'Arte a Budapest e Graz. La rassegna spazia dal corpo umano inteso in senso tradizionale al processo di destrutturazione, alla fusione di varie forme giungendo all'idea del rituale, al sentimento della solitudine, alla sensualità, al desiderio, alla riflessione, "all'oscurità dell'anima umana". La Resa di Grassino (2008) esprime due grandi impronte di mani, New Species della Friedmann (2021) è opera che si isola - quasi un totem - nel coronamento ottenuto mediante un corno di bufalo mentre la figura di Roig (2008-2022) The Last Light-Dream è abbandonata in un'assurda presenza di bianchi tubi al neon mutatisi in astrale scenografia. Scrive Lorand Hegyi che lo spettatore si trova di fronte a immagini intriganti, enigmatiche, eccentriche e irritanti ispirate al corpo umano o animale. L'esposizione
Gian Giorgio Massara La mostra Ersel (P. Solferino 11, Torino - FOREVER GREEN - MARK ROTHKO & FRIENDS) è ampia e invitante; le rinnovate sale sono tuffate nel verde, come assolutamente verde è l'opera di Hsiao Chin con il solo accenno al profilo blu. Storicamente, il nostro discorso prende avvio da una tela di H. Frans van Lint (+1763) con un grande spazio d'acqua azzurro, i monti lontani, animali in cammino e fin anche alcune bagnanti; una serena pausa che ci riporta idealmente al mondo dell'Olanda. E' datato invece 1971 il "Pratone" di Ceretti/Derossi/Rosso ambientato negli anni della giovanile contestazione. In Accademia Albertina, specialmente. Le dimensioni dell'erba sono enormi e campeggiano accanto al "Concetto spaziale" (1965 c.) di Fontana che tanto aveva fatto discutere per l'ardire di Lucio. Tre dipinti si legano alla tradizione paesaggistica dell'Albertina: silente e invasa dalla luce è la "Fanciulla in campo" di Pellizza da Volpedo (1821), bucolico il cammino del gregge di Giulio Boetto, mentre Cesare Maggi, agli albori del secolo ventesimo, propone una luminosa veduta alpina della "Val Bregaglia" con i ghiacciai illuminati dal sole, la mandria al pascolo e l'umile baita in primo piano. Ma con la "Burrasca" datata 1931 di Gerardo Dottori si volta pagina: le onde si rincorrono l'un l'altra in una lieve sinfonia cromatica mentre mezzo secolo più tardi Tano Festa spalanca due verdissime "Persiane" su di un paesaggio rinnovato, con materiche, candide nubi ritagliate nel cielo blu. Il verde s'adagia infine sul bel pezzo che s'infiamma di Franco Garelli (1966) e sui discutibili "Auguri" di Bertozzi & Casoni (2015) che trovano le proprie radici nel tema delle Vanitas. Anche la figura si presta alla mostra Green: Giulia Crespi (I° metà XVII secolo) dipinge il ritratto di "Sant'Isidoro" recante in mano la croce e dallo sguardo quasi estatico. Ancora una volta Ersel ha offerto ai torinesi una mostra di qualità (in collaborazione con Robilant + Voena) che, opera dopo opera, giunge all'astrazione. A. MONDINO, Marchands de fruits (1933)
Gian Giorgio Massara La mostra di Marco CORDERO - allestita nella settecentesca, architettonicamente armoniosa, chiesa di santa Chiara – si è appena conclusa. Progettato da Enrico Zanellati, altresì curatore della rassegna in collaborazione con A. Pick Gallery, l'evento è stato presentato dal critico d'arte Roberto Mastroianni, docente presso l'Accademia Albertina di Torino. Il vernissage ha coinvolto i Giovani Cantori diretti da Carlo Pavese. Cordero ama i libri - per leggerli, certamente - ma altresì per assemblarli, scavarli (sacrificando l'Enciclopedia dell'Arte !), bruciarli, scolpirli. Il titolo della mostra, CHORA, rivela un "ricettacolo invisibile e senza forma ( ... ) dell'intero divenire." Chora è anticamente da considerarsi sia luogo, sia spazio nel processo della Creazione; al presente, coincide invece con la performance sculturea creata da un autore che predilige ricerche filosofiche e sperimentazioni. Così in uno dei volumi esposti è scavata l'immagine della cupola della chiesa vittoniana, mentre in un "pavimento di libri" sprofonda un'immagine femminile in origine sdraiata e successivamente sorpresa nel gesto di abbandonare il "giaciglio". In parallelo, i Cantori accolti nelle logge improvvisano, intonano voci indiane d'America (Evening rise) oppure un Notturno di Mozart. Un'esposizione insolita che pone interrogativi e denuncia le molteplici possibilità d'espressione che il mondo dell'arte offre a chi vuole ripercorrere un cammino che, dal mondo greco a oggi, non s'è mai interrotto: un dialogo che coinvolge sia le idee che la materia. MARCO CORDERO - Chora
Gian Giorgio Massara La mostra per Radu DRAGOMIRESCU è ospitata nella Rotonda Talucchi dell'Accademia Albertina, il cui ipogeo accoglie da oggi la targa dedicatoria per ricordare Fiorenzo Alfieri, prezioso Presidente dell'Istituto torinese sino al 2019. Dragomirescu nasce in Romania diplomandosi all'Università di Arti Plastiche di Bucarest e partecipando agli scavi archeologici sul Mar Nero. A Torino ottiene la nomina di docente presso l'Accademia esponendo quindi nelle gallerie Tucci Russo, Eva Menzio, in Arco, Paolo Tonin, Costantini nonché alla cuneese Fondazione Peano. L'attuale esposizione presentata da Edoardo Di Mauro, reca la prefazione della Presidente Paola Gribaudo che definisce l'autore "di assoluto livello internazionale", cui segue un ampio saggio di Franco Fanelli. Il catalogo che commenta tutta la produzione di Dragomirescu prende avvio dall'anno 1972 (Mano di gesso, guanto) per accogliere l'attuale installazione con bottiglie - bianche e vuote - collocate secondo un preciso disegno sotto una struttura metallica (2021). Il materiale e le tecniche usate dall'autore sono varie: acrilico su lamiera con delicati passaggi d'un bianco quasi luminescente, matita e grafite, olio su legno sino alle installazioni con pomodorini freschi, via via da sostituire, oppure filamenti neri ora aggrovigliati, ora tesi nello spazio: alle pareti dell'ipogeo, dal fondo scuro delle singole opere emergono citazioni, simboli, immagini, segni e forme fluttuanti nello spazio. Come scrive Fanelli si assiste a un "viaggio del sogno e della visionarietà", mentre l'estensore del catalogo considera le opere significanti lo scorrere dell'esistenza in parallelo alla luce e all'ombra, al visibile e all'invisibile, alla vita e alla morte. E una lieve e poetica installazione s'era ammirata nel 1984 alla Biennale veneziana (APERTO); un'opera che richiamava l'oriente, intime suggestioni, sottolineando altresì la caducità dell'esistere quanto l'amore per la natura morta fattasi preziosa. Due citazioni ormai classiche sono pubblicate in catalogo: ALDA MERINI in Delirio amoroso coinvolge il lettore nella dolente Autobiografia, mentre PIER PAOLO PASOLINI riporta una frase che sarebbe piaciuta ad A. Kaprov, ospite a Torino molti anni or sono: Perché realizzare un'opera quando è così bello sognarla soltanto ? Ipogeo della Rotonda, installazione
Dal corrispondente di Torino Gian Giorgio Massara In Piemonte e in Valle d'Aosta ben cinque ponti sono denominati "del diavolo". In primis, il ponte di Lanzo sormontato da un'edicola centrale e con la bella impronta di zoccolo su di una pietra; quindi Dronero, ponte costruito in una sola notte dal maligno, Bobbio (Val Pellice), Pont S. Martin ove il diavolo in persona appare al santo vescovo di Tours. A Neive (patrimonio UNESCO), il demonio pretende invece l'anima del primo uomo che attraversa il ponte! Sino al 31 gennaio 2021 presso il FORUM D'ART CONTEMPORAIN del Casino Lussemburgo (41, rue Notre Dame) si può visitare la mostra L' HOMMES GRIS, commissario Benjamin Bianciotto, curatore che interroga circa la raffigurazione del diavolo nell'arte d'oggi. La figura del demonio non è scomparsa - lo affermano anche gli esorcisti - bensì mutata, percorrendo l'intero ciclo delle arti, (parimenti agli uomini) senza mai perdere forze e ardore. E' una figura che s'eclisse, se transforme, s'infiltre e che offre varie possibilità d'indagine. Ora venti artisti (da Alex Bag a Jan Fabre, da Andres Serrano a Jérome Zonder) si sono accostati alla figura del maligno, che cerca l'anonimato, supera il rapporto fra visibile a invisibile rendendosi irriconoscibile, tendendo a ravvivare fiammeggianti tenebre. I poli della complessa vicenda toccano i mondi dell'economia, della politica, dell'estetica e molte delle regole sociali che ci governano: e l'homme gris è pur sempre presente rivelando doti di adattamento e la ferrea volontà di mai scomparire, rinnovandosi di volta in volta. Si tratta - di secolo in secolo - d'UN DIABLE A PIEDS FOURCHUS! H. BURGKMAIR, La strega assistita dal suo diavolo (antica xilografia)
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a cura di Tiziano Rossetto Archivi
Febbraio 2024
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