A cura di tiziano rossetto
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ARTESENZAREGOLE
a cura di Tiziano Rossetto
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Gian Giorgio Massara La mostra Ersel (P. Solferino 11, Torino - FOREVER GREEN - MARK ROTHKO & FRIENDS) è ampia e invitante; le rinnovate sale sono tuffate nel verde, come assolutamente verde è l'opera di Hsiao Chin con il solo accenno al profilo blu. Storicamente, il nostro discorso prende avvio da una tela di H. Frans van Lint (+1763) con un grande spazio d'acqua azzurro, i monti lontani, animali in cammino e fin anche alcune bagnanti; una serena pausa che ci riporta idealmente al mondo dell'Olanda. E' datato invece 1971 il "Pratone" di Ceretti/Derossi/Rosso ambientato negli anni della giovanile contestazione. In Accademia Albertina, specialmente. Le dimensioni dell'erba sono enormi e campeggiano accanto al "Concetto spaziale" (1965 c.) di Fontana che tanto aveva fatto discutere per l'ardire di Lucio. Tre dipinti si legano alla tradizione paesaggistica dell'Albertina: silente e invasa dalla luce è la "Fanciulla in campo" di Pellizza da Volpedo (1821), bucolico il cammino del gregge di Giulio Boetto, mentre Cesare Maggi, agli albori del secolo ventesimo, propone una luminosa veduta alpina della "Val Bregaglia" con i ghiacciai illuminati dal sole, la mandria al pascolo e l'umile baita in primo piano. Ma con la "Burrasca" datata 1931 di Gerardo Dottori si volta pagina: le onde si rincorrono l'un l'altra in una lieve sinfonia cromatica mentre mezzo secolo più tardi Tano Festa spalanca due verdissime "Persiane" su di un paesaggio rinnovato, con materiche, candide nubi ritagliate nel cielo blu. Il verde s'adagia infine sul bel pezzo che s'infiamma di Franco Garelli (1966) e sui discutibili "Auguri" di Bertozzi & Casoni (2015) che trovano le proprie radici nel tema delle Vanitas. Anche la figura si presta alla mostra Green: Giulia Crespi (I° metà XVII secolo) dipinge il ritratto di "Sant'Isidoro" recante in mano la croce e dallo sguardo quasi estatico. Ancora una volta Ersel ha offerto ai torinesi una mostra di qualità (in collaborazione con Robilant + Voena) che, opera dopo opera, giunge all'astrazione. A. MONDINO, Marchands de fruits (1933)
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Gian Giorgio Massara La mostra di Marco CORDERO - allestita nella settecentesca, architettonicamente armoniosa, chiesa di santa Chiara – si è appena conclusa. Progettato da Enrico Zanellati, altresì curatore della rassegna in collaborazione con A. Pick Gallery, l'evento è stato presentato dal critico d'arte Roberto Mastroianni, docente presso l'Accademia Albertina di Torino. Il vernissage ha coinvolto i Giovani Cantori diretti da Carlo Pavese. Cordero ama i libri - per leggerli, certamente - ma altresì per assemblarli, scavarli (sacrificando l'Enciclopedia dell'Arte !), bruciarli, scolpirli. Il titolo della mostra, CHORA, rivela un "ricettacolo invisibile e senza forma ( ... ) dell'intero divenire." Chora è anticamente da considerarsi sia luogo, sia spazio nel processo della Creazione; al presente, coincide invece con la performance sculturea creata da un autore che predilige ricerche filosofiche e sperimentazioni. Così in uno dei volumi esposti è scavata l'immagine della cupola della chiesa vittoniana, mentre in un "pavimento di libri" sprofonda un'immagine femminile in origine sdraiata e successivamente sorpresa nel gesto di abbandonare il "giaciglio". In parallelo, i Cantori accolti nelle logge improvvisano, intonano voci indiane d'America (Evening rise) oppure un Notturno di Mozart. Un'esposizione insolita che pone interrogativi e denuncia le molteplici possibilità d'espressione che il mondo dell'arte offre a chi vuole ripercorrere un cammino che, dal mondo greco a oggi, non s'è mai interrotto: un dialogo che coinvolge sia le idee che la materia. MARCO CORDERO - Chora
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Febbraio 2024
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